Gramsci e la crisi europea negli anni Trenta

Rossi Angelo

15.00

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COD: 9788868663070 Categoria: Tag:
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Descrizione

Ogni volta che ci si accosta alla vita e al pensiero di Antonio Gramsci con la seria conoscenza dei suoi scritti e della sua vicenda umana e politica, vengono fuori sorprese e possibilità interpretative che mettono il suo lavoro e la sua vita in una luce più ricca, e carica, di volta in volta, di sfumature, e non solo sfumature, diverse […]. La misura temporale di questo libro è data dalla crisi europea degli anni Trenta alla quale Gramsci assistette dal carcere, con l’incalzare dei malanni di una fibra forte che però si misurava con la durissima condizione della prigione di Turi; con l’impressione terribile di una solitudine politica vera, ancor più aggravata dall’accumularsi solitario di sensazioni e impressioni che non potevano esser tutte verificate e che rappresentarono un suo tormento interiore, ma anche, quasi per rovescio, una condizione del suo pensiero politico. In questo senso Gramsci è un caso pressoché unico – e Rossi mette molto l’accento su questo aspetto – di una vita e di un pensiero che hanno la dimensione del tragico, nel secolo più metafisico ed ultimativo che l’umanità europea abbia vissuto, quando lo scompaginamento radicale del rapporto tra vita e forme fu il segnale della crisi generale […].
La ragione è che lì vi ritroviamo, con una accuratezza analitica che non ha  molti confronti, la ricostruzione di un pezzo essenziale della tragedia politica che visse Gramsci in lotta per la propria liberazione che incontrava
l’ostilità del suo stesso partito – per ragioni che Rossi ha ricostruito in lavori precedenti – di quelli che egli chiama “gli amici” italiani […]: lo sforzo di individuare il terreno di una trattativa tra Stati che evitasse ciò che invece il partito richiedeva a Gramsci come prezzo della sua liberazione, e cioè la dichiarazione di rinuncia al suo ruolo di dirigente politico comunista […].
Ma una trattativa che, pur coinvolgendo livelli istituzionali e diplomatici, possedeva il suo tratto in un elemento personale sfuggente, da leggere dietro le righe di tante cose, ma decisivo: un rapporto silenzioso ma continuo tra Gramsci e Mussolini […]. Nell’aprile del ’37, Gramsci, estinta la pena, era libero. Mussolini, nella mutata situazione politica, gli avrebbe concesso l’espatrio? Non sappiamo, perché intanto sopravvenne la morte.

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